venerdì 30 settembre 2011

Retaggi di normalità / 1

La selezione

Stanotte la mia mente si riempie di pensieri confusi, legati forse a un impreciso stato d’animo che ha accompagnato la giornata di oggi. Tra gli altri, si fa strada un interrogativo a cui non so dare risposta, un interrogativo che già da tempo mi martella in testa come a volermi ricordare che qualcosa ancora non è risolto. E che così sto latitando da un po’. Fino a questo punto, sempre lo stesso: il significato delle relazioni. Che cos’è una relazione? Incontro, conoscenza, scambio. Forse anche io darei questa risposta, ma per poi ripensarci. Vorrei poterla dare, questa risposta. Ma lascia lacune buie, spazi vuoti, quasi dubbi, e amaro in bocca. Improvvisamente mi suggerisce parole giganti. Parole-mostri. Ostentazione, sguardo, giudizi. Chiacchiere, rancori. Identità. Identità attraverso corpi. I corpi docili, addomesticati, di Foucault. Corpi come riproduzione automatica di qualcosa che già si conosce, di una storia comune già scritta, di uno script fatto di saldi dettami, fin troppo rigidi, ma facili da indossare, pronti all’uso, senza sforzo alcuno. Mi ci sento attorcigliata fino a soffocarne. Un grande occhio. Impietoso e onnipotente, divino.
Alzo lo sguardo, alla ricerca di un orizzonte aperto. Ma mi devo scontrare con voci che urlano, corpi che si travolgono l’uno con l’altro. Groviglio di menti disabituate a vederlo, quell’orizzonte. Essere-altro è troppo difficile. Non raggiungibile. Quasi la protezione della 'normalità' fosse garanzia. Tutto lascia scorgere sguardi indirizzati, occhi istruiti a vedere.
In questo caso, nella furia generale, in coda per l’affermazione di sé e l’approvazione del pubblico, ci potrei essere anche io. Mai come ora quel pubblico è stato così severo e infame.

Ho provato a fare questa domanda. Ma finora ho ricevuto solo una serie di risposte rassegnate e facce stupite dal fatto che me ne accorga solo ora. Scusate il ritardo.